Risarcimento del danno da sovraffollamento carcerario
- Posted by demo
- On 08/01/2015
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Recentemente, e tanto per cambiare,
la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
(CEDU) ha condannato l’Italia a causa
della situazione rovinosa in cui si trovano
i detenuti ospitati nelle nostre carceri.
La Corte Europea, infatti, ha riscontrato
violazioni sistematiche dei diritti dei detenuti,
che subiscono trattamenti inumani e degradanti
a causa del sovraffollamento carcerario.
I detenuti, infatti, hanno a disposizione
meno di tre metri quadrati di spazio individuale
(che dovrebbe essere il minimo), bagni (WC)
non separati dal resto della cella, privi di finestre,
senza acqua calda, celle concepite per un solo
detenuto ma occupate da tre o più persone.
Emblematico, ad esempio, il caso di un detenuto
affetto da incontinenza urinaria: era costretto a
stare in una cella affollata e subire umiliazioni
a causa della totale mancanza di intimità.
Si può facilmente immaginare cosa significhi
cambiarsi il pannolone più volte al giorno in
questa situazione…
In un altro caso, un detenuto era costretto a
trascorrere circa 20 ore al giorno sdraiato sul
letto, a 50 cm di distanza dal soffitto, non per
pigrizia, ma a causa della mancanza di spazio
nella cella.
A causa di queste condizioni, numerosi
detenuti hanno presentato dei ricorsi a
Strasburgo, e la Corte Europea ha deciso
(sentenza Torreggiani) che lo Stato italiano,
entro il mese di giugno 2015, deve adottare
le misure necessarie per rimediare alla situazione
del sovraffollamento carcerario.
La Corte Europea ha gentilmente invitato il
nostro solerte Stato, fra l’altro sempre attento
e sensibile alla tutela dei diritti e della dignità
dei propri cittadini, a fare fondamentalmente
due cose:
da una parte, predisporre delle misure
strutturali che risolvano le cause del
sovraffollamento carcerario;
dall’altra parte, creare un rimedio interno
che consenta ai detenuti di ottenere un
risarcimento per i danni subiti a causa di
un trattamento inumano contrario all’art. 3
della Convenzione Europea (nessuno può
essere sottoposto a tortura né a pene o
trattamenti inumani o degradanti).
Come ha risposto l’Italia alle sollecitazioni europee?
Con il DL n. 92/2014, convertito in legge
n. 117/2014, con il quale è stata introdotta
una riforma dell’ordinamento giudiziario che
ha previsto dei rimedi con i quali il detenuto
o l’internato può chiedere al giudice di porre
rimedio alla situazione di grave pregiudizio
nella quale si trova.
Prima di continuare, però, per chi non
lo sapesse, precisiamo che
Detenuto è chi è stato condannato,
con sentenza irrevocabile,
ad una pena detentiva;
Internato è chi è stato privato della libertà
personale in applicazione di una misura di
sicurezza (colonia agricola, casa di cura e
di custodia, ospedale psichiatrico giudiziario).
Fatta questa necessaria distinzione,
possiamo continuare illustrando in maniera
semplice e sintetica i rimedi previsti dalla legge.
Primo rimedio: art. 35 ter, commi 1 e 2,
legge n. 354/1975 (ordinamento giudiziario).
Si rivolge a persone detenute o internate.
Abbiamo tre ipotesi:
Detenuto o internato che si trova nelle
condizioni inumane e degradanti che
abbiamo sommariamente descritto sopra:
Si può rivolgere al magistrato di sorveglianza
per ottenere uno sconto della pena ancora
da espiare.
Lo sconto è pari ad un giorno
per ogni dieci di pregiudizio subito.
Ad esempio: 570 giorni di carcere in condizioni
disumane o degradanti danno diritto a 57
giorni di sconto di pena.
Detenuto o internato che abbia subito un
pregiudizio inferiore a 15 giorni:
Ha diritto ad un risarcimento monetario pari
ad 8 (otto!) euro per ogni giorno di pregiudizio
subito. Es.: pregiudizio di 14 giorni è
14 x 8,00 = € 112,00.
Detenuto o internato che ha subito un
pregiudizio, ma lo sconto di pena è
maggiore del residuo di pena che deve
ancora scontare. Possiamo avere due ipotesi:
ha diritto ad 8 euro per ogni giorno di
pregiudizio subito.
Es.: un pregiudizio di 640 giorni darebbe
diritto ad uno sconto di 64 giorni; ma se
restano da scontare solo 25 giorni, ha
diritto ad 8,00 euro per ogni giorno di
pregiudizio subito è 64 x 8,00 = 512,00.
Si può anche chiedere al magistrato di
combinare il risarcimento monetario con
lo sconto di pena.
Per rimanere all’esempio precedente:
pregiudizio di 640 giorni è sconto di pena
di 64 giorni; poiché restano da scontare
25 gg., si potrebbero concedere 25 giorni
di sconto di pena, e sui rimanenti (64 – 25 = 39)
39 giorni si calcola il risarcimento monetario, che
è 39 x 8 = 312,00 euro.
L’istanza può essere presentata
personalmente o tramite difensore.
Contro i provvedimenti del Magistrato di
Sorveglianza si può proporre reclamo al
Tribunale di Sorveglianza entro
15 giorni dalla notifica.
Secondo rimedio: art. 35 ter, comma 3,
legge n. 354/1975 (ordinamento giudiziario).
Si rivolge a persone in stato di libertà che:
Hanno finito di scontare la pena detentiva;
Hanno subito il pregiudizio durante un periodo
di custodia cautelare non computabile nella
pena da espiare: significa che dalla pena detentiva
non si può detrarre il periodo di custodia cautelare
perché, ad esempio, l’imputato è stato assolto.
In questi due casi, che, come abbiamo detto,
presuppongono la fine della detenzione o della
custodia cautelare, si può chiedere,
personalmente o tramite avvocato, al Tribunale
civile (non al Magistrato di sorveglianza) del
capoluogo del distretto in cui risiede il ricorrente,
il risarcimento in forma monetaria, di 8 euro per
ogni giorno di pregiudizio subito, entro 6 mesi
dalla fine della pena detentiva (carcerazione)
o della custodia cautelare.
Avv. Gennaro De Natale
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