Finanziamento per acquisto di mobili e mancata consegna
- Posted by demo
- On 03/01/2015
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Ciao,
oggi voglio raccontarti una storia che è
capitata ad un mio amico.
Qualche anno fa, questo amico ha acquistato
a rate la camera da letto dei bambini,
facendo ricorso ad un finanziamento.
Poco dopo, a causa della crisi, il negozio
dove è stato effettuato l’acquisto è fallito
senza consegnare la merce al cliente.
Come se non bastasse, per colmo
della sfortuna, la finanziaria che aveva
concesso il prestito ha avuto la faccia
tosta di richiedere al mio amico il
pagamento delle rate del finanziamento,
anche se non era avvenuta la consegna
dei mobili acquistati.
Il povero ragazzo, quindi, era doppiamente
disperato, non solo perché era rimasto
senza i mobili che gli servivano ad arredare
la stanzetta dei bambini, ma rischiava anche
di pagare senza motivo il prestito solo per
evitare una ingiunzione di pagamento.
Cosa succede in queste situazioni?
Il consumatore deve pagare il prestito anche
se non ha ricevuto la merce, e così accollarsi
il rischio di tutta l’operazione?
Oppure la finanziaria deve richiedere la
restituzione delle somme al soggetto che
effettivamente le ha ricevute, cioè al
negoziante, anche se fallito?
Chi sopporta il rischio o la perdita finale?
Il consumatore o la finanziaria?
Bene, in questi casi, che capitano abbastanza
frequentemente, la Cassazione ha stabilito che
se il contratto di finanziamento è stato stipulato
per acquistare un bene, e questo non viene
consegnato, va dichiarata la risoluzione sia del
contratto di vendita che di quello di mutuo.
Infatti, i due contratti sono collegati, e se viene
dichiarato invalido il contratto di vendita,
necessariamente seguirà la stessa sorte
anche il contratto di finanziamento.
Questo comporta che la finanziaria, per
ottenere la restituzione della somma erogata,
dovrà rivolgersi al negoziante e non al consumatore.
Anzi, il consumatore, non solo non dovrà più
continuare a pagare le rate del prestito, ma
avrà anche diritto alla restituzione delle
somme già pagate.
Di solito, le finanziarie si difendono sostenendo
che il consumatore può chiedere l’annullamento
del finanziamento solo se tra la società che ha
erogato il prestito ed il venditore esiste un rapporto
di esclusiva.
Queste società, infatti, preferiscono agire
giudizialmente nei confronti dei malcapitati
consumatori, in primo luogo perché questi
hanno fornito garanzie ed informazioni
(dichiarazioni dei redditi) in base alle quali è
più semplice recuperare il credito, anche con
il ricorso a strategie spesso scorrette;
in secondo luogo perché, agendo nei
confronti del venditore fallito, dovrebbero
accontentarsi del pagamento dei crediti in
moneta fallimentare, e quindi in misura
notevolmente ridotta (sempre ammesso
che riescano effettivamente a recuperare
qualcosa).
Tuttavia, la sentenza 23 aprile 2009,
n. 509/07, della Corte di Giustizia delle
Comunità Europee, interpretando la
Direttiva 87/102 CEE, ha confermato che,
in una simile situazione, l’esistenza di un
accordo di esclusiva tra la finanziaria ed
il fornitore (negoziante) non pregiudica il
diritto del consumatore di agire contro il
finanziatore per chiedere la risoluzione del
contratto di credito e la restituzione delle
somme già versate.
Ciò significa che, in casi come questo,
se la finanziaria dovesse fare una ingiunzione
di pagamento, il consumatore potrebbe
giustamente opporsi e far dichiarare dal
giudice l’invalidità del contratto.
A proposito … come è andata a finire
la vicenda del mio amico?
Diciamo innanzi tutto che la finanziaria è
stata molto scorretta anche nella gestione
processuale della vicenda.
Infatti, approfittando della sua situazione
di forza, e contrariamente a quanto stabilisce
il Codice del Consumo (D. Lgs. n. 206/2005),
ha notificato una ingiunzione di pagamento del
Tribunale di Prato, mentre avrebbe dovuto
rivolgersi al Tribunale di Salerno, luogo di
residenza del consumatore.
Il decreto ingiuntivo è stato richiesto al
giudice del luogo in cui la società finanziaria
aveva la sede operativa allo scopo di scoraggiare
qualsiasi iniziativa difensiva del consumatore,
residente invece nel Comune di Salerno.
Costringendo i consumatori a doversi difendere
in altre città, spesso e volentieri abbastanza
lontane, le finanziarie riversano sui consumatori
dei costi aggiuntivi, pregiudicando così il diritto
della parte debole alla difesa.
Questo comportamento, in effetti, è un mezzo
di pressione psicologica per ottenere, in maniera
quanto mai scorretta, il pagamento di somme in
realtà non dovute, inducendo le persone ad
abbandonare la difesa a causa dei costi eccessivi.
In ogni caso, tornando alla nostra vicenda, abbiamo
proposto opposizione dinanzi al Tribunale di Prato,
il quale ha dichiarato la nullità del decreto ingiuntivo
ottenuto dalla finanziaria, condannandola anche alle
spese processuali.
Se ti interessa leggere la sentenza, clicca qui!
Avv. Gennaro De Natale
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